(Fonte: Comunicato Stampa) In Italia, accedere alle cure pubbliche sta diventando un percorso a ostacoli. Tra liste d’attesa interminabili e prestazioni disponibili solo a grande distanza da casa, sempre più cittadini si vedono costretti a rivolgersi, pagando di tasca propria, al settore privato. Secondo le analisi di Unimpresa, in alcune aree del Paese fino all’80% degli italiani sceglie strutture private, mentre cresce il numero di chi rinuncia del tutto alle cure.
Liste d’attesa fuori controllo
I tempi medi per esami e visite specialistiche superano di gran lunga i limiti fissati dalla legge: per una risonanza magnetica si può attendere anche 150 giorni, per una colonscopia oltre 4 mesi, e non va meglio per le visite oculistiche e ortopediche, che in molti casi richiedono più di 90 giorni. A questo si aggiunge la cosiddetta “mobilità forzata”, che obbliga molti pazienti a spostarsi anche di centinaia di chilometri per trovare la prima disponibilità utile.
“È un paradosso che mina il diritto alla salute sancito dalla Costituzione e trasforma la prossimità in un privilegio”, commenta Marco Massarenti, consigliere nazionale di Unimpresa con delega alla Sanità.
Le famiglie più fragili pagano il prezzo più alto
La situazione colpisce soprattutto i nuclei a reddito medio-basso. Chi non può permettersi il costo di una visita privata spesso è costretto a rinunciare alle cure: oltre il 40% degli italiani ha dichiarato di averlo fatto almeno una volta per motivi economici o logistici. Secondo Unimpresa, quella verso il privato non è più una scelta occasionale, ma una tendenza strutturale, spinta da carenze di personale, disuguaglianze territoriali e una gestione non uniforme delle risorse regionali.
Un sistema a due velocità
La spesa sanitaria privata “out of pocket”, cioè a carico diretto delle famiglie, ha ormai superato i 40 miliardi di euro l’anno. Intanto, la fiducia nei confronti del Servizio sanitario nazionale continua a diminuire. Massarenti critica anche gli interventi tampone, come i recenti 10 milioni di euro stanziati in Lombardia per acquistare prestazioni dai privati accreditati e ridurre le liste d’attesa: “Se non si vincolano le risorse a prestazioni urgenti e realmente accessibili, si rischia solo di spostare il problema nel tempo, non di risolverlo”.
Le proposte di Unimpresa
L’associazione chiede di introdurre in tutto il Paese una “Ricevuta Formale di Prenotazione” rilasciata dai Centri unici di prenotazione (Cup), con indicazione della data, della priorità e della sede della prestazione. Questo documento consentirebbe al cittadino di attivare un “Percorso Tutela”: se la visita fosse fissata oltre i tempi previsti o troppo lontano da casa, si potrebbe accedere al privato con spese coperte dal Servizio sanitario nazionale.
Unimpresa individua poi nella carenza di personale medico, infermieristico e tecnico la principale causa strutturale della crisi. “Finché non si interverrà su stipendi, formazione e valorizzazione del personale, le liste d’attesa resteranno insormontabili”, sottolinea Massarenti.
Un piano per la prossimità e la trasparenza
Tra le proposte, anche l’introduzione di un “fattore distanza” nella piattaforma nazionale delle liste d’attesa, in modo da garantire una distribuzione equa delle prestazioni sul territorio. L’obiettivo è chiaro: riportare le cure vicino ai cittadini, con tempi certi e standard di qualità omogenei.
“Il cittadino non deve scegliere tra mesi di attesa e centinaia di chilometri di viaggio. La vera riforma della Sanità passa dalla trasparenza, dall’equità territoriale e da un piano serio per valorizzare chi lavora ogni giorno negli ospedali”, conclude Massarenti.