Gimbe: “SSN non sopravvive di propaganda. -39,9 miliardi nel 2029”

19 maggio 2025 di
Gimbe: “SSN non sopravvive di propaganda. -39,9 miliardi nel 2029”
KIRANET srl, Alessia Di Maio

(Fonte: Ansa) “La Sanità pubblica non può sopravvivere di propaganda. Senza un'inversione di rotta sul finanziamento pubblico, accompagnata da coraggiose riforme, il nostro SSN non sarà più in grado di garantire l'universalità delle cure”. È l'allarme lanciato, all'indomani dello scontro alla Camera dei Deputati tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein sul finanziamento al Servizio Sanitario, dal presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta che prevede per il periodo 2026-2029 una perdita di 39,9 miliardi per il Fondo Sanitario Nazionale.

“Dal 2022 al 2025 il Fondo Sanitario Nazionale è realmente cresciuto in termini nominali di oltre 10 miliardi di euro, passando da 125,36 miliardi a 136,53 miliardi”, aggiunge Cartabellotta. “Ma questo aumento è stato ampiamente eroso dall'inflazione, che ha toccato l'8,1% nel 2022 e il 5,7% nel 2023”, spiega.

Se si valuta il Fondo in termini di incidenza sul Pil, continua Cartabellotta, “è sceso, invece, dal 6,3% del 2022 al 6,1% nel triennio 2023-2025. Una riduzione che, in valore assoluto, equivale a un taglio complessivo di 13,2 miliardi: 4,7 miliardi nel 2023, 3,4 miliardi nel 2024 e 5,1 miliardi nel 2025”.

Per il presidente del Gimbe, non sono rosee nemmeno le prospettive future: “Secondo la Legge di Bilancio 2025 il Fondo Sanitario Nazionale si manterrà al 6,1% del Pil anche nel 2026, per poi scendere progressivamente: 5,9% nel 2027, 5,8% nel 2028 e 5,7% nel 2029”. Secondo le stime Gimbe, in assenza di finanziamenti aggiuntivi, prendendo come riferimento il 6,3% del Pil del 2022, il Fondo Sanitario Nazionale tra il 2026 e il 2029 perderà complessivamente circa 39,9 miliardi.

Salvo cambiamenti, sottolinea il Gimbe, nel prossimo futuro rischia di aprirsi “un divario crescente tra previsione di spesa sanitaria ed entità del finanziamento pubblico, che rischia di scaricarsi interamente sui bilanci regionali. Cifre che le Regioni non potranno affatto compensare con risorse proprie, quali ticket e libera professione, ma saranno costrette ad aumentare le imposte, a tagliare i servizi, oppure a chiudere i conti in rosso”, conclude Cartabellotta.


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